Il Lapidario: le iscrizioni romane del territorio bergamasco


Il Lapidario espone le epigrafi rinvenute nel territorio di Bergamo, che sono tutte databili fra il I e il III sec. d.C.. I testi, in lingua latina, con molte abbreviazioni, sono incisi su pietra e sono impaginati in uno spazio ben definito, su lapidi di forma diversa. I contenuti delle iscrizioni permettono di suddividerle in tre categorie: le iscrizioni sepolcrali, la maggior parte, le iscrizioni sacre, un numero cospicuo, e quelle onorarie, rappresentate da pochi esemplari.

Attraverso le epigrafi funerarie è possibile ricostruire il popolamento del territorio bergamasco, l’esistenza di uomini e di donne, la loro condizione sociale, l’attività svolta, l’eventuale ruolo politico. Spesso è possibile entrare nel mondo degli affetti familiari, che si manifesta attraverso appellativi o menzioni particolari.

Stele funeraria centinata di Publio Marcio, custode delle armi della legione V Alauda Gallica, Clusone, I sec. d.C.

Stele funeraria centinata di Publio Marcio, custode delle armi della legione V Alauda Gallica, Clusone, I sec. d.C.

Una grande stele funeraria centinata, originariamente inserita in un monumento più complesso, proviene da Clusone ed è dedicata a un soldato, PUBLIO Marcio, la cui figura è scolpita nel bassorilievo. Egli aveva l’incarico di custodire le armi della sua legione.

Altre stele sono di forma parallelepipeda ed erano infisse verticalmente nel terreno. Un esempio è dato dalla stele di S. Paolo d’Argon, dedicata a due liberti appartenenti alla stessa famiglia, poiché portano lo stesso nome: MARCO SERTORIO FAUSTO e SERTORIA BENIGNA.

L’ara funeraria di Lurano ha un incavo alla sommità, probabilmente per la deposizione dell’urna, occultata poi da un coperchio. Nello specchio centrale è indicato il nome del giovane LUCIO ELIO TAURO, vissuto 21 anni e 45 giorni.

Le varie forme di lapidi funerarie erano collocate lungo le vie extra-urbane e si offrivano alla vista del passante, che era indotto dalla decorazione o dal testo latino a osservare e a leggere: in tal modo veniva assicurata la memoria del defunto.

La grande lastra di Urgnano, decorata ai margini da tralci d’edera con bacche; appartiene al defunto QUINTO RUSTIO SECONDO, quattuorviro. La carica era una delle più importanti del municipio di Bergamo romana.

Lastra funeraria con i ritratti in nicchie separate di Cornelio Calvo e del fratello, Grassobbio, inizio I sec. d.C.

Lastra funeraria con i ritratti in nicchie separate di Cornelio Calvo e del fratello, Grassobbio, inizio I sec. d.C.

Alcuni monumenti funerari recano dei ritratti che non colgono la vera fisionomia del defunto, ma sono solo un elemento di prestigio, che serve comunque a evidenziare la moda di un’epoca, rivelata ad esempio, dalle acconciature che cambiano a seconda delle epoche: la chioma e la barba, del giovane CELIO, vissuto nel III secolo, sono rese con piccoli tratti obliqui, mentre i due fratelli di Grassobbio, vissuti all’inizio del I secolo, recano le tipiche orecchie a vela schiacciate sul fondo e una massa compatta di capelli a piccole ciocche. L’acconciatura dei due coniugi di Clusone, del I secolo, è rigonfia e a ciocche per Vettio e morbida, con i capelli divisi da una riga centrale e ricadenti in due trecce dietro le orecchie, per Pittiena, che porta anche due orecchini a bottone. Il monumento dedicato a STAZIA, di provenienza ignota, reca una imago clipeata: il volto spicca dal fondo di uno scudo.

Ara sacra dedicata al dio Silvano da Marziale Reburro, Almè, II sec. d.C.(?)

Ara sacra dedicata al dio Silvano da Marziale Reburro, Almè, II sec. d.C.(?)

Ara sacra dedicata al dio Silvano da Marziale Reburro, Almè, II sec. d.C.(?) . Le iscrizioni sacre documentano i culti diffusi nel territorio bergamasco; le dediche alle varie divinità erano fatte per devozione, per ottenere protezione o per sciogliere un voto ed erano collocate in luoghi sacri o santuari. Nel territorio bergamasco le dediche sono redatte per lo più sulle are, che costituiscono l’offerta stessa fatta alla divinità. Al culto ufficiale romano sono legate le dediche a Giove, Minerva, Marte, Mercurio, Diana, Giunone e Nettuno. Si deve però supporre che alcune divinità indigene celtiche siano state assimilate agli dei del mondo religioso greco-romano.

Le poche testimonianze di iscrizioni onorarie e di opere pubbliche comprendono una lastra proveniente da Scano, in onore di un quattuorviro, divenuto patrono della città. La formula abbreviata finale D D segnala che la lapide fu posta per esplicito decreto dei Decurioni, cioè di coloro che costituivano il Senato municipale. Un grosso frammento di blocco architettonico, facente parte di un edificio non ben identificabile di Seriate, reca un’iscrizione in cui si parla di un certo Tirso, forse soprintendente ai lavori. Un altro piccolo frammento proveniente da Stezzano è pertinente a un’epigrafe dedicata all’imperatore Antonino Pio e il miliario di Verdello fu posto in opera per commemorare Valente e Valentiniano, lungo che collegava Lubljana a Milano.