La città di Bergamo dalle origini al municipium romano


L’esistenza di un abitato protostorico sul colle di Bergamo è stata accertata nel corso di sondaggi stratigrafici. Purtroppo la presenza nello stesso luogo della città romana e successivamente di quella medievale e poi moderna, ha compromesso il recupero globale della planimetria dell’insediamento e la possibilità di ricostruirne l’organizzazione interna e di conoscere le tipologie edilizie.

I materiali rinvenuti nell’abitato, attribuibili alla Cultura di Golasecca, appartengono in modo preponderante al V sec. a.C. Si tratta di ceramiche di impasto fine e grossolano e di frammenti di oggetti ornamentali di bronzo, tra cui pendagli e fibule.

Il rinvenimento di ceramica di importazione dall’Etruria padana e dall’area alpina abitata dagli Euganei, definisce il ruolo di Bergamo come centro di collegamento tra la pianura e le valli. Due frammenti di ceramica attica documentano anche la presenza di prodotti di lusso importati dalla Grecia.

L’abitato prosperò fino agli inizi del IV sec. a.C. Non sono chiare, invece, le vicende successive all’invasione gallica del 388 a.C. La documentazione in nostro possesso è, infatti, limitata a tal punto che alcuni studiosi mettono in dubbio l’esistenza di un abitato gallico. Mancano nella stratigrafia archeologica livelli sicuramente riferibili a questo periodo, tuttavia dagli strati rimaneggiati provengono frammenti ceramici del II-I sec. a.C. che potrebbero indurre a pensare che la costruzione della città romana, con le opere di monumentalizzazione, portò al sistematico abbattimento degli edifici precedenti.

La planimetria della città romana è nelle nostre conoscenze lacunosa, a causa della continua opera di riedificazione; numerosi documenti tuttavia permettono di operare una ricostruzione dell’impianto urbanistico.

Lastra di epoca romana con epigrafe che ricorda la spesa sostenuta da Crispus e dalla moglie Sedata per donare alla città di Bergamo due porte e il tratto di mura compreso tra esse, Bergamo via Porta dipinta, I-II sec. d.C.

Lastra di epoca romana con epigrafe che ricorda la spesa sostenuta da Crispus e dalla moglie Sedata per donare alla città di Bergamo due porte e il tratto di mura compreso tra esse, Bergamo via Porta dipinta, I-II sec. d.C.

Della cinta muraria romana non resta quasi nulla. Una lastra con iscrizione del II sec. d.C. ricorda che i coniugi Crispo e Sedata provvidero alla costruzione o al restauro di due porte cittadine (PORTARUM DUARUM) e forse anche al tratto di mura fra esse.

I due assi viari principali della città sono ancora oggi visibili nella struttura urbanistica: il decumano corrisponde alle vie Gombito e Colleoni, con orientamento est-ovest, e il cardo alle vie Mario Lupo e S. Lorenzo, con orientamento nord-sud; l’incrocio tra i due assi avveniva presso l’attuale torre del Gombito, che prende appunto il nome da COMPITUM, incrocio.

Lapide onoraria di Publio Mario Luperciano, Bergamo basilica di S.Alessandro, fine I-inizio II sec. d.C.

Lapide onoraria di Publio Mario Luperciano, Bergamo basilica di S.Alessandro, fine I-inizio II sec. d.C.

Controverso è ancora il posizionamento del foro, che non si trovava all’incrocio dei due assi, ma forse tra l’attuale piazza Vecchia e il Mercato del pesce. È possibile che qui, o nelle immediate vicinanze, fosse stato eretto in pubblico con decreto dei Decurioni il ritratto di PUBLIO MARCO LUPERCIANO, ricordato dall’iscrizione di una lapide databile tra la metà del I e la metà del II sec. d.C. Egli fu uno dei più importanti cittadini di Bergamo romana: apparteneva all’ordine equestre, era giudice nei processi civili celebrati a Roma, sacerdote della dea Cenina e patrono del collegio degli artigiani fabbricanti di coperte, addetti al trasporto del legname e incaricati dello spegnimento degli incendi.

Sempre dall’area del foro proviene probabilmente la statua definita Grande Ercolanese (fine del I e agli inizi del II sec. d.C.), un’iconografia femminile che dipende da originali della scuola di Prassitele della fine del IV sec. a.C. e con cui le dame romane si facevano raffigurare a partire dall’età augustea.

Frammento di parete affrescata con un pavone, Bergamo domus di via Arena, I sec. d.C.

Frammento di parete affrescata con un pavone, Bergamo domus di via Arena, I sec. d.C.

L’edilizia privata di carattere signorile di Bergamo romana è documentata dai resti della domus di via Arena, probabilmente edificata nel II-I sec. a.C. e abitata fino al IV-V sec. d.C. Sono stati rinvenuti soltanto tre ambienti, rivolti verso sud-ovest, aperti su un cortile porticato, disposti a un livello inferiore rispetto al piano stradale di via Arena, svolgendo dunque la funzione di locali di servizio e di cucina.

I frammenti di pavimento a mosaico, di cocciopesto e a mattonelle esagonali di laterizio erano probabilmente pertinenti alle stanze del piano superiore, così come i frammenti di affreschi. La casa era riscaldata con un sistema di aria calda che passava in canali disposti lungo le pareti, formati da mattoni tubolari.

Bergamo romana era anche provvista di un impianto termale; lo testimonia, oltre al rinvenimento in piazza Mercato del Fieno di una porzione di edificio absidato del I sec. d. C. e provvisto di suspensurae, l’iscrizione in cui si ricorda che LUCIO CLUVIENO della tribù cremonese ANIENSE, donò alla città i bagni e la canalizzazione per portarvi le acque.

Ara sacra dedicata al dio Mitra, Bergamo via Arena sotto il monastero di S.Grata, II-III sec. d.C.

Ara sacra dedicata al dio Mitra, Bergamo via Arena sotto il monastero di S.Grata, II-III sec. d.C.

L’ara rinvenuta in via Arena e dedicata a Mitra, DEO INVICTO, testimonia l’esistenza di un tempietto in onore di questa divinità, il cui culto si diffuse nell’Italia settentrionale nel II-III sec. d.C. L’ara dedicata a Giove e a tutti gli dei e le dee, rinvenuta presso la Rocca, vi fa supporre l’esistenza di un Capitolium.

Una delle due are cilindriche fu trovata presso l’attuale biblioteca Angelo Mai, nella chiesa di S. Michele al Pozzo bianco. Una conchiglia è posta sopra un bucranio, entrambi sorretti da due tritoni o tritonesse, rappresentati di profilo. Ai lati si trovano figure di Attis collocate su pilastrini, nella posa detta del compianto funebre. Seguono i bucrani dalle cui corna pendono le bende terminali di un festone con grossi fiori quadripetali. L’interpretazione delle due are è ancora controversa. Il tema decorativo, infatti, con la figura di Attis, ricondurrebbe all’ambito funerario, che non è tuttavia concepibile all’interno delle mura cittadine.

La presenza dell’ anfiteatro è suggerita dal toponimo “Arena”, nome antico dell’odierna via Colleoni, che conduce ai piedi del colle di S. Giovanni, dove attualmente sorge il Seminario. È altresì documentata dall’andamento curvilineo di alcuni muri della Cittadella e da alcuni elementi architettonici rinvenuti ai piedi del colle che trovano confronti in elementi simili dell’anfiteatro di Nimes. Una lapide iscritta su entrambe le facce ricorda la vittoria del gladiatore tracio Pinnese sul retico Valerio Valeriano.

Le necropoli romane di Bergamo erano ubicate lungo le principali vie d’accesso alla città. Di esse restano la lapidi funerarie, le cui iscrizioni ci parlano degli abitanti di Bergamo romana.

La lastra che ricorda Caio Loreio Filogene e la moglie Domestica fu da lui scritta prima della morte. L’inesatta concordanza e l’imprecisione dell’impaginazione e della scrittura, rivelano l’incertezza nell’uso della lingua latina e il basso livello sociale del defunto. In un secondo momento fu aggiunta un’altra iscrizione, più accurata, che ricorda una precisa disposizione testamentaria e che lascia forse supporre la sepoltura anche del figlio Loreio Saturnino. Tito Lidio Rufo predispose da vivo per sé ed il fratello Caio Lidio Cacora la lapide con un piccolo ritratto; il nome celtico Cacora indica l’origine indigena della famiglia che fece proprio il gentilizio Lidius una volta romanizzata. Gaio Stazio Fausto, commerciante in Bergamo e ricco notabile, è ricordato in una lastra verticale con ricca decorazione a bassorilievo, forse facente parte di un monumento più complesso. Lucio Blandio, sepolto con la moglie Rustica, fu seviro di carattere amministrativo, Augustale e Flaminale, due cariche di carattere religioso. La grande iscrizione dei quattuorviri Quinto Sulpicio Rufo e del figlio Quinto Sulpicio Sedato fu predisposta dalla moglie Pupia Seconda. L’ottima esecuzione dell’iscrizione, la mancanza del riferimento alla tribù, forse sottintesa per l’alto rango sociale dei personaggi, fa di questa epigrafe un caso unico.